Principio d’incendio: come proteggere dal fuoco un tubo di plastica.

Prende fuoco accidentalmente un’auto parcheggiata in un garage condominiale. Velocemente divampano le fiamme con la diffusione di fumi tossici, con il rischio che fuoco e gas di combustione si propaghino al di sopra verso gli appartamenti, attraverso i condotti tecnici. Quando si affronta il tema della “protezione passiva dal fuoco” nel caso specifico degli attraversamenti di impianti tecnici, le problematiche da affrontare sono diverse e in taluni casi piuttosto complesse. Le tubazioni (nella gran parte dei casi di materiale plastico: PP, PVC, PE-HD, ABS) che transitano da un “ambiente a rischio incendio” ad un ambiente abitativo, indipendentemente dalla loro natura combustibile o incombustibile, sono considerate delle vie di passaggio della fiamma e quindi è necessario adottare dei sistemi di protezione. La soluzione più diffusa, affidabile e pratica, è quella di circondare la tubazione con un apposito collare (o manicotto) tagliafuoco. Si tratta di elementi cilindrici in metallo contenenti più strati di materiale ad alto potere intumescente, con il fine di garantire il ripristino dell’ermeticità di strutture e compartimento antincendio, andando a ostruire lo spazio lasciato libero dalla combustione dei tubi a causa della propagazione di fumi e gas di combustione. Durante l’incendio la tubazione, a causa delle alte temperature, si deforma fino a scomparire progressivamente; il componente intumescente del collare invece andrà ad espandere garantendo un alto potere termoisolante che bloccherà il passaggio di fumo e fiamme. I collari tagliafuoco sono omologati in osservanza alla norma EN 1366-3 “Prove di resistenza al fuoco per impianti di fornitura servizi – Parte 3: Sigillanti per attraversamenti”, che regolamenta i test per i sistemi di sigillatura antincendio di attraversamenti di impianti tecnici.

Vantaggi e peculiarità del manicotto tagliafuoco Bampi EI180

La caratteristica del manicotto (altrimenti chiamato collare) tagliafuoco EI 180 / EN 1366-3 è quella di essere composto da materiale intumescente (avvolto in un bracciale di lamiera in acciaio zincato) che, in caso d’incendio, si espande per comprimere il tubo evitando il passaggio di fiamme, vapori e gas di combustione. La resistenza al fuoco del manicotto viene stabilita attraverso dei test eseguiti secondo una norma internazionale di riferimento, la EN 1366-3. La classe di resistenza, ovvero il tempo di tenuta del manicotto, viene attribuita attraverso diverse configurazioni di prova, cioè con le tubazioni aperte e/o chiuse tra i due ambienti, sia per i solai, sia per le pareti. Nel caso dei manicotti tagliafuoco Bampi, la classe di resistenza al fuoco è la EI 180 in configurazione U/C (aperto/chiuso).

La posa del manicotto tagliafuoco Bampi

La modalità d’installazione del manicotto tagliafuoco EI 180 / EN 1366-3 è molto semplice e rapida. Sulla parte esterna del manicotto in acciaio zincato sono presenti due linguette incernierate che consentono di chiudere l’avvolgimento alla tubazione di materiale plastico tipo PP / PE-HD / PVC / ABS. Il manicotto deve essere ancorato alla superficie del solaio o della parete, attraverso il fissaggio con prigionieri in acciaio tramite apposite asole. La gamma dei manicotti tagliafuoco Bampi è disponibile nei diametri 32, 40, 50, 63, 75, 90, 100, 110, 125, 140, 160, 200, 250 e 315 mm. Nel caso di passaggi particolari in forometrie anguste o in spazi limitati nei quali l’installazione dei manicotti non è possibile, si possono impiegare le BANDE TAGLIAFUOCO oppure i SACCHETTI TAGLIAFUOCO, soluzioni entrambe certificate CE EI180.

Il sostegno ha un’importanza rilevante sulla colonna di scarico

Il collare di fissaggio ha una funzione importante, non solo come sostegno meccanico di una colonna di scarico, ma assume rilevanza nei valori di trasmittanza acustica durante la fase di scarico dei reflui. Quando, infatti, la colonna di scarico transita all’interno di un cavedio l’oggetto che la sostiene è il collare fissato ad un elemento strutturale dell’edificio. Oltre al peso sostenuto e alla distanza prevista da un collare all’altro (1 ogni 10 volte il diametro del tubo), il ruolo di questo oggetto può avere una rilevanza fondamentale sotto il profilo acustico.

Quando il rumore passa tutto da un ponte

Chi tratta argomenti sull’isolamento, sa benissimo quanto sia delicato un “ponte” termico o acustico. Si tratta di un nodo delicato dal quale, se non perfettamente curato, può transitare dell’energia (sonora o termica) che si trasferisce da un ambiente all’altro producendo una situazione di discomfort. Nel caso del collare di ancoraggio della colonna di scarico, parliamo di “ponte acustico” in quanto tutto il rumore provocato durante lo scarico dei reflui (sia nella sua componente solida, sia nella componente aerea) può transitare tramite il punto di fissaggio del collare alla parete provocando una trasmissione di rumore solido, e altresì all’interno del volume del cavedio si può generare un rumore aereo che si riflette in questo spazio propagandosi poi agli ambienti abitativi.

Materiali, forma e consistenza determinano la qualità di un collare di fissaggio

In acustica l’elasticità di un materiale assume un ruolo determinante quando tale caratteristica ha il compito di dissipare l’energia sonora. Per questo nel caso di un collare di ancoraggio di una tubazione di scarico è fondamentale poter contare su un elemento flessibile che, interposto tra elementi rigidi, si comporti come una “molla”, una sorta di “cuscinetto” in grado di ostacolare il passaggio di rumore. Da questo principio si è partiti nel concepire e realizzare il collare di fissaggio POLO-CLIP HS. Un prodotto unico nel suo genere, per forma, materiali, e caratteristiche. Si tratta di un collare speciale che permette di sostenere tubazioni nei diametri da 75, 90 e 110 millimetri con una modalità di serraggio assolutamente rapida e sicura senza l’ausilio di alcun attrezzo. Il “bracciale” risulta particolarmente alto ed è realizzato in Polipropilene altamente resistente, mentre la superficie interna che va a contatto con la tubazione è realizzata in gomma con un design ad “alette” che ne favorisce l’elasticità in appoggio alla tubazione. Per ottenere un lavoro a regola d’arte, ogni collare di sostegno della colonna di scarico va posizionato ad una distanza di 10 volte il diametro del tubo.

Quando il rumore si trasferisce dagli impianti agli ambienti abitativi

Il tema dei disturbi acustici provocati dagli impianti di scarico è particolarmente “sentito”. Basta verificare quante siano (ancora oggi nonostante una legge del 1997) le lamentele avanzate dagli acquirenti di nuove abitazioni oppure da proprietari di edifici che abbiano subito un’importante intervento di ristrutturazione. Senza entrare nel merito delle responsabilità di un “insoddisfacente risultato” è fondamentale conoscere le dinamiche di trasmissione del rumore per comprendere, prima ancora di scegliere un materiale o un prodotto, in che modo evitare gli sgradevoli effetti di rumorosità prodotti da un impianto di scarico. Nella gran parte dei casi che si riscontrano, sia in cantiere, sia in un appartamento finito, quando rumori come “lo scorrimento dei reflui lungo le tubazioni” si odono dalla poltrona del soggiorno, oppure dal letto della camera, significa che non si è provveduto a realizzare la cosiddetta “desolidarizzazione”.

Che cosa significa desolidarizzare l’impianto di scarico

Desolidarizzare è un termine tecnico per definire il “distacco fonoisolante” tra l’impianto di scarico (in materiale plastico) e gli elementi strutturali come il solaio o le pareti di un edificio. Quando, soprattutto nel caso di una colonna di scarico, le tubazioni sono annegate a diretto contatto con questi elementi strutturali (composti da cemento, laterizio, ferri di armatura), tutti i rumori provocati durante l’utilizzo dei sanitari ed il relativo scarico dei reflui, si propagano agli ambienti abitativi tramite il “ponte acustico” che si viene a creare con il contatto diretto. Desolidarizzare, quindi, significa interporre un materiale elastico, una sorta di cuscinetto, tra la tubazione e la parete o il solaio. Questa accortezza tecnica è di fondamentale importanza per ostacolare il transito dell’energia sonora e la sua amplificazione all’interno degli ambienti abitativi. Con la desolidarizzazione non si pratica un tamponamento, cioè ad esempio applicare un pannello fonoisolante alla parete per attenuare i rumori da impianto di scarico; si deve invece coibentare per la sua interezza la tubazione ed i raccordi che compongono il tratto di colonna che attraversa pareti e solai dell’edificio. Così facendo si otterrà la miglior soluzione d’isolamento possibile abbinata ovviamente alla qualità del sistema di scarico adottato.

Il principio di “massa/molla/massa” anche nei materassini desolidarizzanti

Sul mercato si possono trovare diversi materiali venduti come isolanti acustici per impianti di scarico. Tendenzialmente si suddividono per la loro composizione, in quanto lastre o materassini cosiddetti “fonoisolanti” esprimono la loro massima prestazione quando sono realizzati a “sandwich” ovvero seguono il principio acustico di “massa/molla/massa”. Nel caso di FONOECOdBAM, la lastra fonoisolante prodotta da Bampi, parliamo di un prodotto dello spessore di 7 mm. composto da Polietilene (strati esterno e interno) e gomma pesante da 4 kg/mq (strato intermedio) che svolge il ruolo di cuscinetto elastico, la molla per l’appunto. Viceversa, come si diceva prima, nel caso di FONOdBAM, Bampi propone una “calza” monostrato dello spessore di 5 mm. di Polietilene che ha il compito di disaccoppiare, cioè di evitare il contatto diretto tra impianto di scarico e strutture edilizie. Tale soluzione non ha proprietà fisiche idonee per l’abbattimento di rumore, semplicemente ne ostacolano -per quanto possibile- il transito.

Con POLO-ASV la giunzione non teme alcuna vibrazione o sollecitazione

Il collare POLO-ASV è un interessante ed originale articolo accessorio che accompagna le linee di scarico insonorizzato POLO-KAL NG e POLO-KAL XS. Ma a cosa serve questo collare? Qualsiasi sistema di scarico idrico con “giunzione ad innesto” –parliamo del sistema di giunzione più diffuso ed utilizzato in Europa– se tenuto libero da annegamento nella struttura edilizia (solaio o parete), non può essere impiegato nel caso in cui l’impianto sia sottoposto a sollecitazioni meccaniche dovute, per esempio, a scarico in pressione momentanea oppure a forti portate di scarico causate da precipitazioni, nel caso di colonne pluviali. Il collare anti-sfilamento POLO-ASV garantisce la tenuta della giunzione ad innesto sino a 2 bar.

Quando il “giunto” del sistema di scarico è esposto a stress meccanico?

Le condizioni più frequenti nelle quali il sistema di scarico con “giunzione ad innesto” può essere esposto a stress meccanico, sono le seguenti: ■ in edifici in costruzione quando il sistema di scarico è a rischio di urto accidentale; ■ in edifici a torre per contrastare eventuali colpi d’ariete nei cambi di direzione, soprattutto al piede di colonna; ■ come blocco antimanomissione dei tappi di chiusura provvisoria; ■ nel caso di sistemi di pompaggio per portare l’acqua di scarico alla quota della rete fognaria; ■ quando nelle abitazioni viene realizzato un nuovo locale da bagno con l’ausilio di trituratori (tipo Sanitrit).

Semplice da installare e facilmente removibile

Il collare anti-sfilamento POLO-ASV può essere installato solo sui sistemi di scarico insonorizzato POLO-KAL NG e POLO-KAL XS. Il dispositivo aumenta le prestazioni di resistenza a trazione e pressione e va installato in ogni punto di giunzione, “accavallando” il collare sull’anello del bicchiere e serrandolo tramite un cacciavite. Il serraggio non preclude la completa rotazione del giunto ed è comunque rimovibile per eventuali operazioni di smontaggio del giunto.

Arriva il temporale e mi ritrovo l’acqua sul pavimento che sgorga dalla doccia: perché?

Come ormai sappiamo e abbiamo verificato in questi ultimi anni, a lunghi periodi di siccità, possono poi seguire forti e massicce precipitazioni che, anche in poche ore, scaricano sul terreno e sulle nostre città notevoli quantitativi d’acqua. E questo può generare non pochi problemi all’interno delle nostre abitazioni. Potremmo imputarlo ai cambiamenti climatici o alla “irresponsabilità” degli uomini nella gestione delle risorse idrogeologiche, ma è un dato di fatto che, sempre più spesso, le precipitazioni piovose colpiscono il nostro paese provocando importanti e ricorrenti problemi di allagamento negli edifici. La caduta improvvisa e massiccia di diversi millimetri d’acqua non trova un sufficiente sbocco di deflusso e questo genera dei ritorni dei reflui (riflusso) all’interno dei fabbricati.

Quali sono le cause del “riflusso”

Partendo dal principio dei “vasi comunicanti”, secondo il quale l’acqua tende a mantenere lo stesso livello in tutti i rami di un circuito idraulico, quando parliamo di riflusso definiamo come livello massimo quello oltre il quale avviene la fuoriuscita di acqua dal circuito stesso. Per questa ragione, se le utenze sanitarie si trovano al di sotto del livello di riflusso (tendenzialmente seminterrati, cantine, autorimesse, ma anche locali abitativi posti comunque al di sotto della quota del piano stradale) si possono verificare allagamenti a seguito del sovraccarico delle reti di smaltimento di acque nere, di acque bianche o di reflui misti.

La valvola antiriflusso come soluzione di protezione e sicurezza

Il ruolo della valvola è quello di garantire il naturale deflusso dei reflui creando contemporaneamente un’efficace barriera ad ogni eventuale ritorno idrico proveniente dalla rete fognaria in presenza di fenomeni di sovraccarico. La valvola antiriflusso è dotata di un piattello in acciaio inox basculante in direzione del flusso idrico di uscita dal fabbricato verso la rete fognaria ed in caso di riflusso il piattello si chiude automaticamente a seguito della spinta dell’acqua di ritorno. Agendo manualmente sull’apposita leva si può bloccare Il piattello meccanicamente anche in modo permanente.

Quando e dove impiegare la valvola antiriflusso

La valvola antiriflusso va prevista in fase di progettazione e dimensionamento del sistema di scarico dell’edificio ma il suo impiego è assolutamente consigliato anche in edifici esistenti, laddove sia possibile intercettare la tubazione di allaccio alla rete fognaria. Nel caso di separazione della raccolta dei reflui di bagni e cucine, la valvola antiriflusso deve essere adottata sia sul circuito delle acque saponate che su quello delle acque nere.